POMICE - Che cos'è, perchè è così fertile e perchè è bene utilizzarla -

La pomice, un minerale dai 1000 usi, tanto semplice quanto complesso per origine e diffusione. In questo articolo sveliamo tutte le sue caratteristiche chimico-fisiche, il processo di formazione e ne descriviamo gli usi più comuni in campo agronomico.

 

 

Introduzione.

Il termine pomice, dal punto di vista geologico, è generico e si riferisce alla particolare tessitura porosa della roccia.

Essa si forma principalmente da eruzioni di tipo esplosivo (Cfr. Figura 1), quindi da magmi acidi, silicatici o felsici[1], ma ne esistono anche a parziale componente mafica[2], e la porosità è dovuta alla formazione di bolle di gas di struttura simile alla schiuma nella matrice vetrosa della roccia. Questa definizione già identifica pomici con caratteristiche chimico-fisiche nettamente differenti.

Il rapido raffreddamento mantiene la struttura vescicolare (formante anche il 90% del volume mentre la scoria vulcanica è meno vescicolata), e la parte solida è costituita da roccia amorfa[3], raramente con una piccola componente cristallina. La massa solida è alla fine costituita prevalentemente da silice, con disciolti vari ossidi metallici (di alluminio, titanio, ferro, manganese ed altri).

In fase di solidificazione, i vapori presenti nel magma, improvvisamente rilasciati, hanno provocato il rigonfiamento dell’intera massa del magma ed è durante questa rapida fase di raffreddamento che si sono determinate le differenze nella struttura fisica dei vari inerti vulcanici: pomici, lapilli, cineriti.

 

[1] Il termine felsico deriva dall'associazione delle parole feldspato e silice e sta appunto a indicare quei minerali che sono ricchi di elementi leggeri come il silicio, l'ossigeno, l'alluminio, il sodio e il potassio.

[2] Il termine mafico descrive minerali contenenti magnesio e ferro.

[3] Il termine amorfo indica una roccia priva di una struttura cristallina.

 

Esplosione vulcanica

Figura 1 – Immagine di un’eruzione vulcanica di tipo esplosivo che, oltre ai fiumi di lava, produce una grande nube cineritica che contiene pomice e lapilli.

 

Composizione chimica media.

Quando si parla di rocce, in geologia, è quasi impossibile definire una composizione chimica certa. Si parla sempre di composizioni chimiche medie in quanto il fluido che conduce alla formazione della roccia, può subire modificazioni chimiche. Le cave all’interno delle quali vengono estratte pomici e lapilli, si formano a seguito di molteplici eventi vulcanici che si sovrappongono stratigraficamente gli uni sugli altri. La composizione chimica del magma potrebbe variare anche all’interno dello stesso evento eruttivo (Cfr. Figura 2), a maggior ragione da un evento all’altro considerando che i tempi di ritorno di queste eruzioni potrebbero essere anche di milioni di anni.

Nella fotografia sottostante, si può apprezza la linea netta che separa lo strato di base da quello al top, parzialmente vegetato. Entrambe gli strati sono costituiti da pomici vulcaniche: quello al di sotto ha una granulometria maggiormente grossolana, mentre quello al di sopra risulta più fine, particolarmente nella parte centrale ove, è anche evidente, una netta maggiore compattazione. Questa tipologia di stratificazione è di tipo naturale, generalmente i clasti grossolani e maggiormente pesanti tendono a precipitare al suolo con maggiore velocità per poi essere ricoperti da quelli più fini e successivamente dalle polveri. Ad una prima analisi visiva sembrerebbe che lo strato superficiale, presentando una vegetazione maggiore, possa essere maggiormente fertile rispetto a quello sottostante. Questo aspetto potrebbe anche essere reale e dovuto ad una maggiore disgregazione e ad una maggior pedogenesi[1] dei sedimenti.

L’evento che ha costituito questo pacco di strati è comunque un unico evento e risale al 79 d.C. quando il Vesuvio distrusse la città romana di Pompei.

 

[1] La pedogenesi è il processo che porta alla formazione di un suolo, indipendentemente dalla roccia da cui si parta come origine.

 

Stratigrafia Pompei

Figura 2 – Stratigrafia di un deposito di pomice ottenuto dall’evento esplosivo del 79 d.C. che ha distrutto la città romana di Pompei.

 

Questo è un esempio di composizione chimica media della pomice:

SiO2: 62,5%

Al2O3: 17,5%

K2O: 9,5%

Fe2O3: 2,6%

CaO: 2,5%

Na2O: 2,2%

TiO2: 0,5%

MgO: 0,4%

Si evince immediatamente come la pomice contenga elementi nutritivi indispensabili per la crescita delle piante, ci riferiamo in modo particolare al Potassio (K), presente in grande quantità, al Ferro (Fe), al sodio (Na) ed al magnesio (Mg). Si tratta di macro e microelementi presenti sotto forma di ossidi.

Molti esperti potrebbero addurre alcune critiche a questa affermazione dimostrando, ad esempio, che il potassio (K) è di fatto non disponibile per l’assorbimento radicale perché si tratta di un K reticolare che è un componente strutturale dei minerali primari. Tale frazione del K non possiede alcuna importanza nutrizionale in quanto la sua disponibilità è legata all’alterazione dei minerali: un processo talmente lento da renderlo di fatto del tutto ininfluente da un punto di vista del soddisfacimento delle esigenze nutrizionali delle piante. Questo è uno dei motivi per cui quasi nessuna roccia inalterata (roccia sana e non deteriorata), frantumata artificialmente, ed utilizzata tal quale, non influisce chimicamente sulla crescita delle piante. Tuttavia, le rocce di origine vulcanica, ed in particolare quelle ricavate da depositi cineritici o idrotermali, possiedono sempre un certo grado di alterazione. Esso è dovuto al fatto che molto spesso si tratta di depositi superficiali che pertanto hanno subito le influenze del weathering[1], oltre a numerosi processi chimico-fisici che avvengono anche in profondità grazie alla grande permeabilità di questi depositi.

Ricordiamo che i macroelementi come i microelementi sono essenziali per lo sviluppo delle piante e il loro funzionamento è stato riassunto da Carl Sprengel nel 1828, nella sua Legge del Minimo, la quale afferma che “la crescita è controllata non dall’ammontare totale delle risorse naturali disponibili, ma dalla disponibilità di quella più scarsa”; questo significa che anche se tutti gli elementi fossero presenti nel terreno in abbondanza ma uno invece non fosse presente, la pianta andrebbe comunque incontro a crescite anomale ed altri problemi più o meno seri.

Il pH mediamente varia tra 6,5 e 7,0, mentre la capacità di scambio cationico (CSC)[2] si aggira sui 30 meq/100g.

 

[1] Insieme degli agenti atmosferici che determinano il deterioramento delle rocce , del suolo e dei minerali , nonché del legno e dei materiali artificiali a causa del contatto con l'acqua, i gas atmosferici e gli organismi biologici. Gli agenti atmosferici si verificano in situ (in loco, con poco o nessun movimento), e quindi è distinto dall'erosione , che comporta il trasporto di rocce e minerali da parte di agenti come acqua, ghiaccio, neve, vento, onde e gravità. I processi di alterazione degli agenti atmosferici si dividono in agenti atmosferici fisici e chimici. Gli agenti atmosferici fisici comportano la rottura di rocce e suoli attraverso gli effetti meccanici di calore, acqua, ghiaccio o altri agenti. Gli agenti atmosferici chimici implicano la reazione chimica dell'acqua, dei gas atmosferici e delle sostanze chimiche prodotte biologicamente con le rocce e il suolo. L'acqua è l'agente principale dietro agli agenti atmosferici sia fisici che chimici, sebbene anche l'ossigeno atmosferico e l'anidride carbonica e le attività degli organismi biologici siano importanti. Gli agenti atmosferici chimici per azione biologica sono anche conosciuti come agenti atmosferici biologici. I materiali rimasti dopo la rottura della roccia si combinano con il materiale organico per creare terreno. Molte delle morfologie e dei paesaggi della Terra sono il risultato di processi di alterazione degli agenti atmosferici combinati con erosione e rideposizione. Gli agenti atmosferici sono una parte cruciale del ciclo delle rocce e la roccia sedimentaria, formata dai prodotti di alterazione delle rocce più antiche, copre il 66% dei continenti della Terra e gran parte del suo fondo oceanico.

[2] La capacità di scambio cationico (spesso abbreviata con CSC) è la quantità di cationi scambiabili, espressa in cmol(+)/Kg di suolo asciutto, che un materiale, detto scambiatore, dotato di proprietà di adsorbimento può trattenere per scambio ionico. Lo scambio ionico rappresenta uno dei principali meccanismi con cui il terreno trattiene e mette a disposizione delle piante e dei microrganismi elementi quali il calcio, il magnesio, il potassio, l'azoto ammoniacale, perciò la CSC è un indice della potenziale fertilità chimica del terreno.

 

Capacità di scambio cationico (CSC) – La pomice a confronto con altri minerali.

Un piccolo excursus sulla CSC è d’obbligo.

La CSC è una caratteristica fondamentale che deve avere un suolo per poter cedere elementi nutrivi alla pianta. Dalla tabella sottostante si evince chiaramente che la pomice presenta una CSC bassa, e pertanto in nessun modo può essere sostituita alla zeolite all’interno di un substrato. La zeolite è in realtà una famiglia di minerali che conta ben 46 tipi diversi, tutti accomunati dal fatto che possono perdere H2O con l'esposizione all'aria, per riscaldamento o tramite sostituzione con metalli presenti. Questo aspetto è fondamentale: dal punto vista agronomico le rende la miglior famiglia di minerali conosciuto in grado di cedere elementi nutritivi alle piante e dal punto di vista chimico il loro utilizzo ha grandi risvolti per la depurazione. Dallo schema sottostante si evince che, senza dubbio, non è la CSC che fa della pomice un ottimo substrato per la coltivazione. Si vedranno in seguito altre peculiarità di questo fondamentale minerale.

 

 Gamma di valori della CSC di alcuni scambiatori riportati nella letteratura:

Scambiatore

CSC (meq/100g) e Descrizione

HUMUS

300-500

Humus

L’humus è un componente chimico del terreno. È pedologicamente omogeneo, di colore bruno e formato da prodotti di vario grado di polimerizzazione, frutto della degradazione e rielaborazione della sostanza organica del terreno. È un complesso di sostanze organiche presenti nel suolo. L’humus rappresenta la parte più attiva, sotto l’aspetto chimico e fisico, della sostanza organica del terreno e interagisce con la frazione minerale e con la soluzione circolante influenzando le proprietà chimiche e fisiche del terreno.

ZEOLITE

200-400

Zeolite analcime

Le zeoliti sono allumino silicati, sottoclasse dei tectosilicati, e costituiscono una famiglia di minerali con una struttura cristallina molto aperta e canali interconnessi. Sono alluminosilicati con impalcatura tectosilicatica con ioni Na, Ca, K e molecole di H2O in quantità variabile in ampie cavità strutturali. La fotografia mostra un cristallo di Analcime proveniente dal Canada, si tratta di un minerale facente parte della famiglia delle zeoliti (8 in tutto suddivise in 46 tipologie diverse) con tipica struttura cubica.

ALLOFANE

100-250

Allofane

L’allofane che deriva dall'alterazione di basalti piroclastici o delle rocce ignee idrotermalizzate, dalla degradazione dei feldspati e nelle aree idrotermalizzate si riscontra tipicamente associato a depositi di rame. Nelle rocce sedimentarie si trova nei livelli carboniferi e gessosi. Può dare origine a weathering e produrre Alloisite per risilicazione o Gibbsite per desilicazione.

VERMICULITE

100-150

Vermiculite

La vermiculite è un minerale, fillosilicato di magnesio, ferro trivalente e alluminio, con ossidrili e acqua; è un prodotto secondario derivante dall’alterazione idrotermale della mica, sulla quale è spesso pseudomorfa.

MONTMORILLONITE

80-150

Montmorillonite

La montmorillonite è un minerale, un fillosilicato di alluminio e magnesio. Si trova come componente principale nella bentonite, che è un’argilla a grana finissima, derivata, probabilmente, da una cenere vulcanica più o meno intensamente alterata da azioni idrotermali. Essa è presente, inoltre, nei terreni argillosi originatisi dal disfacimento di graniti e di rocce eruttive povere di silice.

PALYGORSKITE

66-73

Palygorskite

La palygorskite è un minerale argilloso del gruppo sepiolite-palygorskite, e deve il nome ad una località dei monti Urali in Russia. Alterazione idrotermale di rocce ricche in Mg (femiche). Al pari della sepiolite può formarsi in ambienti aridi lacustri caratterizzati da alta attività di Mg. Il ritrovamento di questo minerale in una successione sedimentaria permette quindi ricostruzioni paleoclimatiche.

POMICE

20-40

Pomice roccia

La pomice, minerale di origine vulcanica oggetto di questa trattazione.

CAOLINITE

0-15

Caolinite

La caolinite è un minerale, idrossilicato di alluminio. Essa appartiene alla classe dei silicati, i minerali più diffusi sulla superficie terrestre, e, in particolare, al sottogruppo dei fillosilicati. La caolinite rappresenta il prodotto di una lenta e complessa alterazione idrotermale (caolinizzazione) dei feldspati, dei feldspatoidi e di altri silicati alluminiferi, presenti, come componenti essenziali, in numerose rocce, principalmente di tipo granitico e gneissico. Questi minerali, in ambiente acido, in presenza di acqua e di CO2 e sotto condizioni di bassa temperatura e pressione, perdono gli ioni alcalini e alcalino-terrosi (passati in soluzione) e si trasformano in silicati idrati di alluminio, tra i quali prevale la caolinite.

 

 

Dove si estrae e perché ne esistono tipologie così diverse.

Si è parlato in precedenza della composizione chimica della pomice, questo aspetto motiva l’esistenza di diverse tipologie di questo minerale con composizioni chimiche anche fortemente diverse, tutto a seguito del chimismo del fluido magmatico originario.

Altro aspetto di cui si discute molto è il colore. Esso può variare dal bianco intenso, della pomice della ex cava dell’Isola di Lipari (Cfr. Figura 3), ormai chiusa dal 2005 ed introvabile in commercio. Attualmente l’area è una zona protetta. Il relativo decreto è stato firmato dal dirigente generale del dipartimento regionale dei Beni culturali ed è stato adottato a conclusione di un complesso iter istruttorio condotto con grande celerità dalla Soprintendenza per i Beni culturali di Messina, ai sensi del vigente Codice dei Beni culturali. Si tratta di uno specifico vincolo etnoantropologico sull'intera area delle cave di pomice, in contrada Porticello dell'isola di Lipari.

Non si può non condividere una scelta di questo tipo, visto l’enorme valore naturalistico e culturale che rappresenta questa area per la Sicilia ed il territorio italiano.

 

Cava pomice Lipari

Figura 3 – Ex cava di pomice dell’Isola di Lipari, nell’arcipelago delle Eolie.

 

Colore completamente diverso è quello della pomice della cava attiva di Poggio Nardeci a Pitigliano, in provincia di Grosseto, che presenta un colore grigio-giallastro che tende al biancastro solo quando il materiale è asciutto.

Fino ad ora si è parlato della sola pomice di origine italiana, una delle maggiormente conosciute ed apprezzate nel panorama florovivaistico.

 

Cava pomice Nardeci

Figura 4 – Cava attiva di Poggio Nardeci in comune di Pitigliano, in provincia di Grosseto.

 

Se si esce dai confini dello stato italiano e si guarda ai giacimenti mondiali, si possono citare sicuramente molte altre zone ove è presente questo prezioso minerale. Senza dubbio non si può non condividere il Campo de Pedra Pomez di Puna de Atacama (Cfr. Figura 5), uno spettacolare paesaggio lunare formatasi a seguito di una antichissima eruzione che ha depositato enormi quantità di pietra pomice. Successivamente l'erosione, provocata principalmente dal vento, ha costruito un vero e proprio labirinto di rocce dalle forme più curiose, un vero e proprio gioiello della geologia unico al mondo.

Qui, come è possibile notare dalla fotografia sottostante, la pomice assume una colorazione profondamente diversa anche all’interno del medesimo giacimento. Si passa dal bianco-biancastro al giallo-marroncino. Per quale motivo? Come descritto in precedenza, tutto dipende dal chimismo dei fluidi magmatici che hanno originato questi depositi. Ricordiamo che tale chimismo non solo può variare da eruzione ad eruzione, ma può subire notevoli cambiamenti anche all’interno dello stesso evento magmatico. Pertanto, il colore non è esemplificativo della tipologia di materiale; la pomice rimane tale sia che sia di colore bianco, giallastro, grigiastro o addirittura giallastro-marrone.

Addirittura, esistono diverse tipologie di pomice che non galleggiano, questo perché, le granulometrie che si trovano in commercio, possono essere talmente ridotte (anche solo pochi mm), che comportano la perdita della maggior parte delle camere vacuolari lasciate dai gas post solidificazione.

Dal momento che abbiamo citato questo splendido luogo, ne descriviamo alcune curiosità. Il nome Puna ha un’origine indigena, probabilmente Quechua e si trova nei dizionari più antichi dell’America Latina. Il suo arrivo nel Nord Ovest dell’Argentina, sembra legata alla conquista Incaica.

All’interno della configurazione delle Ande Centrali, si trova una regione elevata, limitata all'occidente da una catena vulcanica e, all’oriente da una catena montagnosa. Questa Regione coincide con l’Altopiano (Bolivia/Cile/Peru) o Puna (Argentina). Si estende dal Lago Titicaca in Perù, passando per la Bolivia e terminando nel Nord Ovest Argentino. Sebbene si tratti di una sola unità geotettonica, questo altopiano andino, possiede importanti differenze fisiche al suo interno.

 

Pomice Puna di Atacama Argentina

Figura 5 – Campo de Pedra Pomez di Puna de Atacama nel Nord Ovest dell’Argentina.

 

Il nome Puna di Atacama, deriva dalla vicinanza con l’attigua regione del Salar de Atacama in Chile, che rimane però mille metri più in basso che la Puna.

La Puna Argentina è quindi la continuazione naturale dell’altopiano boliviano, quest’ultimo differente in quanto molto più aperto ed elevato, mentre la Puna è una regione fratturata internamente da cordoni montagnosi e una serie di depressioni. La pressione prodotta dalle Ande a queste latitudini ha causato la formazione di una serie di blocchi/placche longitudinali: i blocchi più alti hanno dato origine a catene montagnose, mentre i più bassi a zone di depressioni. In più, porzioni laterali dell’arco vulcanico andino incrociano l’altopiano dal NW al SE, chiudendo le citate zone di depressione, dando origine ad aree rinchiuse, dove oggi si trovano i famosi salares andini. Al Sud la Puna termina con la catena de San Buenaventura, giusto di fronte dell’Oasis di El Penon e al Campo di Pietra Pomice- dove Socompa gestisce la Hosteria de Altura de El Penon.

L’altitudine della Puna varia sensibilmente, dai 3.700 de la Puna nella provincia di Jujuy ai 3.200 metri della Puna in Catamarca.

 

Conclusioni.

In conclusione, a cosa serve la pomice? La pomice può essere utilizzata per un grande numero di scopi. A livello industriale come prodotto per alleggerire intonaci e calcestruzzi, come prodotto assorbente, come prodotto levigante, viene addirittura utilizzata nell’industria tessile come sbiancante per i jeans.

Concentrandosi negli usi agronomici, è un prodotto che consente la costruzione di substrati di coltivazione se utilizzata nelle giuste proporzioni. Esse variano a seconda della tipologia di pianta che si desidera coltivare. Si parte dal 5-10% fino ad arrivare addirittura al 90% in certi casi particolari, ove ad esempio si vuole consentire un’ottima radicazione di piante estirpate aventi già diversi anni di vita.

Può essere utilizzata, per questo scopo, in associazione con altre rocce di tipo vulcanico o idrotermale, come zeolite, lapillo, con argille tipo akadama, kanuma, kiryuzuna e molte altre ancora. Non citiamo tutte le tipologie di terricci, torbe, humus e prodotti organici che sono senza dubbio alla base di un ottimo substrato di coltivazione.

Se utilizzata pura, è un ottimo prodotto drenante. La consigliamo fortemente, come si può notare dalla fotografia sottostante, per garantire un corretto drenaggio dell’apparato radicale di molte specie che non gradiscono il ristagno di acqua.

 

Pomice drenaggio

Figura 6 – Utilizzo della pomice con granulometria 6/14 mm come drenaggio nella coltivazione di cactus (Trichocereus spachianus).

 

È evidente come l’effetto drenante della pomice ha garantito a questo Trichocereus spachianus, che richiede particolari condizioni di coltivazione, di mantenere l’apparato radicale sempre asciutto nelle stagioni fredde ed umide e al contrario leggermente inumidito nelle stagioni estive. L’apparato fittonante della pianta tende a muoversi all’interno della pomice utilizzata come drenaggio. Mentre l’apparato vascolare addetto all’assorbimento degli elementi nutritivi rimane più in superficie all’interno del substrato humico che contiene comunque pomice, lapillo, zeolite, humus ed altri substrati opportunamente miscelati per l’ottenimento del mix ideale per la coltivazione di questa cactacea.

Sconsigliamo l’impiego di argilla espansa per il medesimo scopo, innanzitutto perché si tratta di un prodotto industriale e non naturale, ma principalmente perché il processo di cottura e di espansione dell’argilla produce la formazione di palline con una superficie esterna decisamente compatta alternata a qualche poro che congiunge i vacuoli interni con il substrato in cui viene mescolata. Questo aspetto, permette all’acqua di entrare, ma difficilmente ne consente l’uscita e pertanto l’effetto drenante è piuttosto scarso. Al contrario la pomice, essendo costituita da vacuoli interconnessi tra di loro, consente il passaggio dei fluidi in modo naturale e piuttosto veloce.

Utilizzata pura, nella corretta granulometria, per periodi di tempo non particolarmente lunghi (qualche mese) consente alle piante che hanno subito trapianti a strappi, una veloce radicazione con sviluppo di nuovi capillari oltre che di un completo apparato fittonante per l’ancoraggio al suolo. Ciò accade grazie alla sua peculiare caratteristica di mantenere umidità nel suolo; aspetto che stimola la produzione di nuove radici.

Si può quindi affermare che la pomice sia un prodotto decisamente universale, si può utilizzare davvero con ogni tipologia di pianta senza che ci sia alcun tipo di controindicazione.

 

L’offerta di Geosism & Nature.

Geosism & Nature offre una vasta gamma di granulometrie diverse di questo prodotto, a sottolinearne l’importanza dal punto di vista agronomico.

Viene solitamente commercializzata in sacchi da 50 litri, ma disponiamo di imballaggi molto variabili: a partire da 1 kg di prodotto fino ad arrivare ai big bag da 1500 litri o alle motrici da 300 q.li che possono essere consegnate sfuse per ribaltamento.

Di seguito le varie granulometrie proposte.

 

Pomice 50 lt sacco

Big bag 2

 

 

 

 

 

 

 

Figura 7 – Pomice in sacchi da 50 litri, a sinistra.

Figura 8 – Pomice in big bag da 1000 o 1500 litri, a destra.

 

Per visualizzare le varie granulometrie ed i vari formati di pomice disponibili sul nostro sito, clicca qui.

 

Pomice 0 3

  Pomice 1 3

 

 

 

 

 

 

Figura 9 – Pomice 0/3 mm, a sinistra. Per acquistare, clicca qui.

Figura 10 – Pomice 1/3 mm, a destra. Per acquistare, clicca qui.

 

Pomice 2 4

 Pomice 3 6

 

 

 

 

 

 

Figura 11 – Pomice 2/4 mm, a sinistra. Per acquistare, clicca qui.

Figura 12 – Pomice 3/6 mm, a destra. Per acquistare, clicca qui.

 

Pomice 6 14

 Pomice 7 14

 

 

 

 

 

 

Figura 13 – Pomice 6/14 mm, a sinistra. Per acquistare, clicca qui.

Figura 14 – Pomice 7/14 mm, a destra. Per acquistare, clicca qui

 

Pomice 15 20

 

 

 

 

 

 

 

Figura 15 – Pomice 15/25 mm. Per acquistare, clicca qui.

 

Bibliografia.

https://it.wikipedia.org

https://pompeiicommitment.org/inventario/stratigrafia-delleruzione/

https://www.socompa.com/it/la-puna/cose-la-puna/

 

 

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